Ho appena visto il pilot ed i due episodi successivi.
Tutto comincia in una fredda notte d’inverno del 2009: un gruppo di ragazzini, che ad occhio e croce avranno una decina d’anni, sta scappando da un centro di ricerca; sono inseguiti dai militari, … molti non ce la faranno.
Dieci anni dopo troviamo MAX, la nostra bella protagonista, sul tetto di una gigantesca struttura che sembra una torre, mentre ricorda quella notte e si domanda se qualcun altro oltre a lei ce l’abbia fatta…
Max è il risultato di un esperimento genetico volto a creare la perfetta macchina da guerra; fino alla notte in cui è riuscita a scappare non aveva neppure immaginato l’esistenza di un mondo al di fuori della base di Manticore…
Il mondo creato da Cameron e da Eglee è una versione rivista e corretta di un classico della fantascienza: il mondo post-olocausto.
Solo che, prima di Dark Angel, l’olocausto era rappresentato dall’atomica, mentre in questo caso è l’EMP: l’impulso elettromagnetico. Dei terroristi hanno fatto esplodere un ordigno nella ionosfera, l’onda elettromagnetica generata ha mandato tutti i computer (e tutto il resto dell’elettronica) a farsi friggere…
Nel 2019 (uhmm, questa data l’ho già sentita…) gli U.S.A. sono, quindi, una nazione del terzo mondo dove, all’improvviso, tutti si sono ritrovati poveri e devono combattere ogni giorno per sopravvivere…
La gente vive per strada, arrangiandosi alla meglio, le forze dell’ordine sono marce fino all’osso: Max e gli inquilini del palazzo diroccato in cui vive pagano Walter, un poliziotto, per fargli chiudere un occhio ogni settimana durante l’ispezione in cerca di “abusivi”…
E proprio in questa situazione cominciamo a fare conoscenza ravvicinata con il lato cinico e disincantato della serie. Quando Kendra chiede a Max perché, ogni volta che Walter viene a prendersi i soldi, lei lo tratti come un vecchio amico offrendogli del caffè, Max le risponde:”…credevo che gli facesse piacere un caffè corretto allo sputo. Schh…”
Max, inoltre, ha assoluto bisogno di tryptophan, un integratore alimentare con il quale sopperisce alla carenza di serotonina poiché’ il suo cervello, a causa di un difetto di programmazione, non la produce.
Questa carenza la rende vittima di attacchi epilettici che potrebbero portarla al coma e poi alla morte. Ma in un’America ridotta alla povertà anche procurarsi un banale integratore alimentare può essere difficile e, soprattutto, costoso!
Fortunatamente le sue doti super-umane le premettono di portare a termine rapine che farebbero invidia ad Arsenio Lupin. (“Una ragazza deve pure darsi da fare per poter vivere!”)
C’è una frase di Max che, secondo me, racchiude tutto lo spirito della serie: “La cosa che non capisco è perché la chiamano depressione, voglio dire sono tutti al verde, ma sinceramente non mi sembrano depressi”.
Devo dire che da Cameron mi aspettavo piu’ riprese notturne (non che manchino, pero’); comunque la serie ha, tutto sommato, buone premesse. Se da una parte c’è il dejà vu del militare cattivo che non si dà pace per essersi lasciato scappare Max dieci anni prima, dall’altra c’è un intero mondo con (nuovi) usi e costumi. L’attenzione per i particolari di ciò che resta sullo sfondo (un mito la SMART usata come macchina della polizia!) è notevole.
Molte volte sembra quasi di girare per le strade di Los Angeles invece che per quelle di Seattle (l’anno è lo stesso…).
La storia dei protagonisti forse la conosciamo già, ma questo è un mondo tutto nuovo da scoprire.
Dark Angel andrà in onda ogni martedì sera (alle 23:15).
Speriamo che trasmettano entrambe le stagioni (40 episodi più il pilot).
San Francisco, anno 2005. Un’altra città, un’altra ragazzina sfreccia instancabile sulla sua bicicletta…
Leggendo Luce virtuale di Gibson mi ero affezionata a Chevette Washington, uno dei tanti corrieri in bicicletta che consegnano plichi in giro per una città post – apocalittica, fra le strade affollate di persone e mezzi d’ogni genere. E adesso, guardando Max, non riesco a non pensare a lei.
Non vorrei che sembrasse un’accusa di plagio, tutt’altro. Dark Angel mi piace.
Max/Chevette si muove in uno sfondo che ricorda un po’ Max Headroom un po’ Blade Runner.
Cameron ed Eglee hanno saputo amalgamare molti degli elementi presenti nella cultura cyberpunk con una più “leggera” miscela di supereroismo, azione e sentimenti.
Purtroppo, forse per la necessità di raccontare la storia in troppe poche puntate, tutto accade di corsa. Non c’è tempo per assaporare i colori di sfondo, per farsi affascinare dalla folla rumorosa che gira per le strade, le invenzioni e la tecnologia sono ridotte al minimo per non farci distrarre.
E allora mi viene un po’ di nostalgia della carta stampata… e Gibson prende il sopravvento.